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Le connessioni che ci tengono insieme: tra solitudini, scienza e sanità in un mondo in rapido cambiamento

In un’epoca in cui le luci degli schermi illuminano le nostre giornate e le parole viaggiano in frazioni di secondo, le connessioni sociali si presentano come il filo invisibile che tiene insieme il tessuto fragile della nostra umanità. Sono ponti di speranza e di paura, strumenti di vicinanza e di isolamento, che si intrecciano tra le pieghe di una società in costante evoluzione.
Ma cosa sono oggi, davvero, le connessioni? E quale ruolo giocano nella salute, nella scienza e nelle solitudini che affliggono noi tutti e, in particolar modo, i più giovani?
Lo spunto di riflessione lo ha offerto un recente evento promosso da Ipsen, l’azienda biofarmaceutica che ha realizzato “CONNESSIONI. The Life Show”, con l’obiettivo di avviare un impegno condiviso verso l’approfondimento del tema e della sua trasversalità. L’occasione è stata l’inaugurazione della nuova sede a Milano, nel cuore della rete di connessioni urbane e sociali, in un edificio innovativo e sostenibile, pensato per ridefinire il modo di lavorare in un’ottica di collaborazione multidisciplinare.
Durante la presentazione, il focus “Italiani in connessione” curato da AstraRicerche ha rivelato un bisogno profondo di legami umani: più di 8 italiani su 10 (80,6%) considerano fondamentali le connessioni familiari. Eppure, più di 1 italiano su 3 (33,9%) dichiara di avere difficoltà a entrare in relazione con gli altri. Una percentuale che sale al 41% tra le donne di età compresa tra i 35 e i 44 anni, dove emerge una preferenza per relazioni sociali mediate da smartphone e strumenti digitali. La ricerca ha inoltre misurato l’indice di connessione degli italiani nei diversi ambiti della vita: famiglia, lavoro, salute. I dati mostrano con chiarezza l’impatto dei legami umani e sociali sul benessere e sui risultati personali.
“Per il futuro servono nuove connessioni umane, sociali, tecnologiche – spiega Patrizia Olivari, Presidente e Amministratore Delegato di Ipsen Italia – oramai indispensabili per incidere sulle performance lavorative, la salute e il benessere delle persone”.
Le relazioni umane, un tempo radicate nel volto e nel contatto diretto, si sono trasformate in un mosaico di interazioni digitali. Chat, social network, piattaforme di condivisione: questi sono i nuovi spazi pubblici, teatri di emozioni e identità in continua costruzione.
Tuttavia, questa rivoluzione porta con sé un paradosso: ci permette di essere connessi con milioni di persone, ma aumenta il rischio di una quieta solitudine, di distanze invisibili che si insinuano tra le anime. La fascia dei più giovani, in particolare, si trova spesso in un ciclo di comportamenti a rischio, ripetuti come rituali di autoaffermazione o di fuga, alimentati dalla paura di essere esclusi o di non essere abbastanza.
In questo scenario, la scienza e la sanità cercano di decifrare il linguaggio di queste connessioni, di comprenderne le dinamiche profonde. Le neuroscienze dimostrano come le relazioni influenzino il nostro cervello, modulando emozioni, comportamenti e persino la salute fisica. La pandemia ha acuito questa consapevolezza, evidenziando quanto l’isolamento possa avere effetti devastanti sul benessere mentale, soprattutto tra i più giovani. Si cade spesso vittime di un senso di vuoto che si colma con comportamenti a rischio: uso di sostanze, autolesionismo, dipendenze digitali.
Ma le connessioni non sono solo un problema da risolvere. Sono anche una speranza, come ha ben evidenziato l’incontro. La scienza si sta aprendo a nuove forme di cura, che integrano tecnologia e umanità, creando reti di supporto virtuale e programmi di intervento precoce. La sanità, dal canto suo, si impegna a ricostruire ponti tra i giovani e il mondo reale, promuovendo iniziative di educazione emotiva e ascolto attivo. Riconoscere la solitudine come un nemico da combattere è il primo passo verso una società più inclusiva e consapevole.
In questo mare di contatti, la vera sfida è mantenere vivo il senso di umanità, di empatia e di cura reciproca. Le relazioni autentiche sono il balsamo più potente contro l’isolamento e i comportamenti a rischio. Sono il tessuto che ci permette di essere non solo connessi, ma anche realmente presenti, capaci di ascoltare e di essere ascoltati.
E mentre il mondo corre veloce, tra innovazioni e crisi, la domanda rimane: come possiamo coltivare connessioni che non si limitino a un clic, ma che nutrano il nostro essere più profondo? La risposta, forse, sta nel riscoprire il valore di un sorriso, di una parola sincera, di un gesto di cura che ricostruisce il senso di comunità e di appartenenza. Perché, in fondo, siamo tutti parte di un grande tessuto di relazioni. Il vero potere delle connessioni risiede nella capacità di toccare il cuore dell’altro, di creare legami autentici che vadano oltre lo schermo.
In un mondo che corre veloce, fermarsi a guardare negli occhi, ascoltare con attenzione e condividere momenti di reale empatia sono gesti rivoluzionari. Solo così possiamo trasformare le connessioni digitali in ponti di vera solidarietà, ricostruendo un senso di comunità che ci sostenga e ci dia forza, anche nelle solitudini più silenziose.